mercoledì 10 febbraio 2016

Odor d'erbe buone

Più che gli odori dei fiori mi piacevano poi quelli dell’erbe, che sono più schietti saporosi e freschi
Guelfo Civinini

Le prime giornate di sole invitano a stare all'aria aperta, passeggiare nel verde e raccogliere le profumatissime erbe che crescono nei nostri campi.
La raccolta di erbe spontanee commestibili ci fa riscoprire il valore della natura e ci ricorda che una volta erano le stagioni che regolavano l'alimentazione.
Genuine, gustose, economiche, e da sempre indiscusse protagoniste della cucina tradizionale maremmana... mangiate crude in insalate, scottate a vapore, ripassate in padella, aggiunte a frittate minestre o zuppe.

Ecco un esempio di alcune delle erbe di campo che possiamo trovare nelle nostre campagne maremmane:

Finocchietto Selvatico
Il sapore è simile a quello del finocchio comune ma molto più delicato. I germogli più teneri sono ottimi ingredienti di minestre e zuppe. Le foglie del finocchietto sono particolarmente adatte per profumare sia piatti di pasta che di carne bianca. I semi essiccati, invece, sono ottimi da usare per le preparazioni al forno, alla brace o alla griglia

Borragine
Vengono utilizzate sono le foglie e i fiori prevalentemente in forma fresca, non essiccata. Le foglie di borragine hanno un sapore avvicinabile a quello del cetriolo, si usano preferibilmente cotte, lesse o saltate in padella, per minestre, minestroni, frittate, per fare ripieni.

Ortica
Da pianta infestante a regina delle zuppe. Deve essere raccolta con prudenza a causa del forte potere urticante che viene completamente eliminato dopo essere stata bollita. Si utilizzano le foglie che hanno un sapore molto simile a quello degli spinaci.

Bietola
La bietola selvatica è davvero molto simile a quella coltivata, con la quale condivide foglie molto larghe e piuttosto spesse che conferiscono corpo e aroma alle zuppe.

Crespigno
Una specie di radicchio selvatico che si distingue per la presenza di fiori gialli e dal sapore leggermente amarognolo. Ottima pianta commestibile, allo stato giovanile, cruda in insalata, mista ad altre erbe di campo, oppure lessata, usata quale contorno, condita con olio e limone o passata in padella

Cardo Santo
Ha proprietà toniche e stimolanti, spesso utilizzato in liquoreria. Erba da usare in insalate e come verdura cotta. E’ un ottimo ingrediente anche per la zuppa con un sapore simile a quello del cardo e del carciofo.


venerdì 29 gennaio 2016

Carnevale e...cenci

È impossibile non amare il Carnevale, solo per il fatto che è una festa che fa parte dei nostri ricordi fanciulleschi.
Il Carnevale piace anche per il bastimento carico di dolci che porta con sé: sono tantissime le ricette di dolci di Carnevale della tradizione italiana. I più noti e diffusi lungo tutta la penisola sono sicuramente le chiacchiere, che cambiano nome a seconda delle regioni: sono dette cenci in Toscana, sfrappole in Emilia; bugie in Liguria e a Torino; crostoli in Friuli, Trentino e parte del Veneto; galani a Venezia e Verona; frappe a Roma. A seconda del luogo di produzione vengono aromatizzate con Marsala, acquavite, acqua di fiori d’arancio. Oltre che con zucchero a velo le troviamo anche ricoperte da miele, cioccolato, mascarpone zuccherato o bagnate con alchermes. La forma è quella di una striscia che può essere anche annodata per formare dei piccoli fiocchi.
L’origine delle chiacchiere è da ricercarsi in tempi molto remoti. Già gli antichi romani erano soliti preparare dolci fritti per festeggiare i saturnali (festività corrispondenti all’odierno carnevale). Tali dolci prendevano il nome generico di frictilia e, durante i festeggiamenti venivano distribuiti alla folla che in massa si riversava per le strade. Grazie alla facilità di preparazione era possibile cuocerne grandi quantità in breve tempo così da non lasciare nessuno a bocca asciutta.


Ecco la nostra ricetta dei cenci maremmani:
4 uova
50 grammi di zucchero (per l’impasto)
50 grammi di burro fuso
Farina q.b.
Scorza grattugiata di un’ arancia
Mezza bustina di lievito per dolci.
Zucchero q.b
Olio di semi di girasole per friggere

Fate una fontana con un pò di farina e il lievito al cui centro metterete il burro, le uova, la scorza d’arancio e lo zucchero. Impastate il tutto e aggiungete farina all’occorrenza fin quando l’impasto non diventerà liscio ed omogeneo. Stendete l’impasto fino a ridurlo ad uno spessore di circa 3 mm. Tagliare con il coltello dei rettangoli irregolari. Friggeteli in olio bollente ed una volta pronti adagiateli sulla carta assorbente. Poi ricoprite con lo zucchero.
Ed ecco pronti i nostri cenci maremmani...Buonissimi anche freddi, ma irresistibili fumanti appena fatti
E ancora più gustosi se preparati, cucinati e mangiati in famiglia o con gli amici !

domenica 17 gennaio 2016

Benedizione degli animali, dei mezzi agricoli e dei prodotti della terra

Il lungo periodo che prelude alla Primavera un tempo era contrassegnato da cerimonie di purificazione per uomini, animali e campi, per propiziarsi la buona sorte e il rinnovamento della natura. La più importante festa lustrale e fecondante è quella di Sant'Antonio Abate, il patrono delle creature a quattro zampe, della stalla, degli animali domestici, del fuoco, del contadino. Il 17 gennaio si portavano gli animali sul sagrato della chiesa per la benedizione, oppure passava il prete a benedire le stalle, o, quanto meno, si andava a messa di buon mattino per prendere qualche panino benedetto per gli animali e i nuovi santini da appendere nella stalla. La tradizione deriva dal fatto che l'ordine degli Antoniani aveva ottenuto il permesso di allevare maiali all'interno dei centri abitati, poiché il grasso di questi animali veniva usato per ungere gli ammalati colpiti dal fuoco di Sant'Antonio (sfogo pruriginoso della pelle simile alla varicella). I maiali erano nutriti a spese della comunità e circolavano liberamente nel paese con al collo una campanella.
Inoltre, sulla base di antiche leggende, durante la notte di Sant’Antonio Abate agli animali è data la facoltà di parlare. Ma i contadini si tenevano lontani dalle stalle, perché udire gli animali conversare era segno di cattivo auspicio.

Oggi, quindi, si ripeterà la tradizionale benedizione, e gli animali lasceranno stalle, fattorie, case per invadere le piazze di paesi e città per la consacrazione.
Una tradizione radicata anche sul territorio grossetano, come dimostrano le tante realtà parrocchiali nelle quali è tenuto vivo questo gesto.